Abbiamo visto negli articoli precedenti che il microbiota si modifica con l’età.
Gli studiosi, nel tempo, hanno cercato di indagare più a fondo su quest’aspetto e si è arrivati a chiedersi che cosa succede realmente nelle varie fasi della vecchiaia.
Vista l’influenza che il microbiota esercita sul benessere del nostro organismo una domanda sorge spontanea:
Il microbiota e la sua composizione influenzano la durata della vita?
Per cercare la risposta, dobbiamo estrapolarla dagli studi più significativi che sono stati fatti in questo campo.
Biagi 2010:
Analisi della composizione del microbiota per fascia d’età, fino ad ultra-centenari, in Emilia-Romagna (Italia).
I risultati di questo studio hanno dimostrato che fino ai 65 anni c’è una certa stabilità, quindi si ipotizza che l’invecchiamento del microbiota possa iniziare dopo i 70 anni.
Ecco nello specifico cosa è emerso:
- Bacteroidetes e Firmicutes sono predominanti in tutte le fasce d’età analizzate.
- La diminuzione dei Bacteroidetes non sembra essere correlata agli anni.
- La diminuzione della varietà delle specie (“riarrangiamento”) è legata invece all’età.
- Con il passare degli anni aumentano in particolare gli anaerobi facoltativi, tra cui i Proteobacteria (Escherichia coli, Haemophilus, Klebsiella pneumoniae, Proteus, Pseudomonas, Serratia, Vibrio, and Yersinia), ed i Bacilli (Bacillus, Staphylococcus), opportunisti e potenzialmente patogeni, in caso di squilibrio e diminuzione delle difese.
- Con l’età diminuisce la funzionalità del sistema immunitario (“IMMUNOSENESCENZA”).
- Con l’età aumenta lo stato infiammatorio basale (Inflammatory Score).
I dati rilevati hanno condotto ad un nuovo quesito:
Modellando e mantenendo il microbiota “giovane”, posso guadagnare in longevità?
Biagi 2017:
Studio della possibile correlazione tra microbiota e invecchiamento.
È emerso che:
- Con gli anni diminuisce la varietà di specie, aumentano quelle opportunistiche e decrescono i produttori di acidi grassi a catena corta (SCFAs: propionato, butirrato).
- Con l’età la dieta diventa meno variata, più povera di fibre, frutta e verdura. La perdita dei denti e il minor senso del gusto porta ad un impoverimento qualitativo degli alimenti scelti e in contemporanea lo stile di vita peggiora, la mobilità si riduce, si assumono più farmaci.
Viene allora da chiedersi Chi influisce su cosa e Chi è causa o conseguenza.
E ancora: ci si domanda se sia possibile che, nonostante le modificazioni dell’età, gli individui con un microbiota capace di adattarsi e ricreare con il passare del tempo sempre nuovi stati di equilibrio, godano di una salute migliore e quindi potenzialmente di una vita più lunga.
Perciò:
gli interventi sul microbiota e sulla dieta/stile di vita rallentano effettivamente l’invecchiamento?
Mangiola 2018.
Dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, una review esplora il legame tra invecchiamento ed il microbiota.
- È stato evidenziato come il processo di invecchiamento sia legato ad un declino delle funzioni dell’organismo (a livello cerebrale e muscolare, ad esempio).
Pare che il livello generale dell’infiammazione sia responsabile dell’usura dei tessuti e quindi delle funzioni (INFLAMMAGING: stato pro-infiammatorio basale dell’invecchiamento) e predisponga alle malattie degenerative tipiche dell’età avanzata (Alzheimer, ad esempio).
Questo diventa possibile quando l’organismo abbassa la guardia, cioè quando il sistema immunitario diventa meno efficiente.
- Il microbiota cambia con il passare del tempo, in genere con diminuzione della varietà delle specie e impoverimento dei ceppi produttori di butirrato. Quest’ultimo è un acido grasso a catena corta (SCFA) prodotto dalla fermentazione – ad opera del microbiota – di sostanze altrimenti indigeribili.
Il butirrato svolge funzioni di sostegno e nutrimento del microbiota stesso, delle cellule intestinali, per un miglior assorbimento dei nutrienti e mantenimento dell’integrità dell’epitelio. Ma soprattutto, è un modulatore dell’attività del sistema immunitario e la sua riduzione potrebbe spiegare l’immunosenescenza.
Kim 2018:
La metagenomica ha mostrato che la composizione del core funzionale del microbioma è grossomodo simile negli umani a dispetto del sesso e localizzazione geografica/alimentazione/stile di vita.
Quindi anche se esistono diversità tra composizione in specie batteriche, un set abbastanza costante di geni pare comune: questo è un aspetto importante perché assicura le funzioni essenziali per la vita.
Vengono così delineati 3 ENTEROTIPI, così definiti in base alle caratteristiche del sistema immunitario dell’individuo.
Sono tutti e tre composta dalle famiglie di Bacteroidaceae, Rominococcaceae e Prevotella ma con diversa preponderanza.
Inoltre, conferiscono caratteristiche diverse per l’ospite in termini di metabolismo.
Gli enterotipi sono universali – non correlati alle caratteristiche dell’ospite, come il sesso e la corporatura – ma sono tipici per quattro fasce d’età:
- giovani (22-48),
- anziani (65-75),
- centenari (99-104),
- ultracentenari (105-109).
Ogni età sembra perciò avere il suo core funzionale, ovvero un suo modo in cui il microbiota contribuisce al passare del tempo.
È importante però diversificare l’età biologica da quella cronologica.
Quest’ultima non è associata alle variazioni del microbiota: guardando solo all’età anagrafica, globalmente la variabilità del microbiota aumenta, mentre aggiustando per età biologica, nel complesso la ricchezza di specie diminuisce e si fanno più presenti delle specie associate a un deterioramento dello stato di salute ed alla disbiosi.
La vecchiaia sarebbe così un fatto funzionale e non di anagrafe.
Da qui l’importanza di mantenere un microbiota sano a qualunque età (cronologica!!!)
Vedi anche il nostro articolo di approfondimento sugli enterotipi.
Santoro 2018:
Confronto tra composizione del microbiota in vari gruppi di centenari.
I centenari sono un ottimo” gruppo di controllo estremo” per capire come si comporta un microbiota nel tempo e se certe caratteristiche sono mantenute e dunque potenzialmente legate alla longevità ed allo stato di salute.
La longevità è in qualche modo ereditaria e familiare: parenti di persone arrivate in tarda età hanno più probabilità di vivere a lungo (questa è una buona notizia: significa che c’è anche la predisposizione alla buona vita e non solo alle malattie…).
Si vuole capire però se questa condizione ereditaria è legata al fatto che condividono uno stile di vita sano, alimentazione simile, ecc. o sia dovuta più ad una costituzione – compreso il microbiota – che offre un vantaggio selettivo.
O magari è influenzata da entrambi?
Se parliamo solo di microbiota, pare che la longevità sia associata ad una maggiore capacità e predisposizione a co-evolvere con un “nuovo” microbiota.
In pratica, saremmo in grado di trovare un nuovo equilibrio, più simile a quello dei nostri progenitori e lo dimostrano alcuni fattori:
- Perdita di diversità dei taxa predominanti fino ai 70 anni circa (Ruminococcaceae, Bacteroidaceae, Lachnospiraceae);
- Arricchimento in anaerobi facoltativi patobionti (Proteobacteria);
- Aumento di specie quali Akkermansia, Bifidobacterium, Christensenellaceae;
- Avvento di specie tipiche di altre nicchie (ambiente orale: Mogibacteriaceae, Synergistaceae).
Kong 2019:
Analisi del microbiota in cinesi con più di 90 anni.
Prima di questo studio, era stato riportato che, con l’età, la biodiversità del microbiota diminuisce e aumentano i Proteobacteria.
Nella popolazione analizzata invece, la biodiversità negli anziani è risultata maggiore che nei giovani.
Ma non solo: questo aspetto è stato confermato anche in gruppi di anziani in Italia, durante uno studio di Biagi del 2016 (nonostante la composizione riflettesse la diversa localizzazione geografica, dieta e ambiente).
In entrambi gli studi comunque i Proteobacteria, Escherichia e Shigella (potenziali patogeni) apparivano aumentati ed i Faecalibacterium diminuiti.
Si è concluso, allora, che la diminuzione della biodiversità è associata alle patologie degli anziani.
Proprio come si riscontra in gruppi con obesità, diabete 2 e neoplasie, dove porta ad aumento del livello generale di infiammazione, correlata con una dieta meno variata ed uno stato di salute più fragile.
Wang 2019:
Confronto tra microbiota a 65-70, 90-99 e oltre i 100 anni in Cina.
Il microbiota delle persone molto anziane (come gli ultracentenari) sembra migliore di quello dei sessantenni.
Probabilmente questo è dovuto al fatto che le persone che riescono ad arrivare in tarda età hanno una “costituzione” forte ed uno stato di salute migliore rispetto ad altre.
Bacteroides e Faecalibacterium, a livello di genere, e Bacteroides fragilis, Parabacteroides merdae CL03T12C32, Ruminococcus gnavus, Coprococcus sp HPP0074 e Clostridium perfringens, a livello di specie, hanno mostrato associazione positiva con la longevità.
Correlazione negativa invece per: Bacteroides vulgatus, Ruminococcus sp 5139BFAA e Clostridium sp AT5.
L’elevata concentrazione di Bacteroides fragilis, Parabacteroides merdae, Ruminococcus gnavus e Clostridium perfringens sembrerebbe contribuire alla longevità.
Kundu 2019:
Studio sui topi, durante il quale si è effettuato un trapianto fecale da donatori giovani e anziani in topi germ-free.
È emerso che il microbiota di donatori anziani ha più effetto e questo risultato è migliore su riceventi giovani.
Si è visto inoltre che anche in età avanzata l’eubiosi contribuisce allo stato di salute e il risultato è migliore in un organismo più reattivo.
Oltre a questo, i dati hanno riportato:
- Incremento della neurogenesi, aumento del numero di neuroni dell’ippocampo, aumento di BDNF (fattore neurotrofico cerebrale) e neurotrasmettitori (glutammato, GABA).
- Intestino con villi più lunghi (maggior superficie per assorbimento nutrienti) e miglior integrità dell’epitelio.
- Aumento di antiossidanti, minor sintesi dei trigliceridi e aumento del metabolismo energetico a livello epatico.
- Incremento delle specie producenti butirrato che sembrerebbe il fattore chiave degli effetti descritti.
Badal 2020:
Review di 27 studi su umani anziani in buona salute.
Da questa indagine si è capito che:
- Gli anziani hanno una alfa-diversità maggiore ed una beta-diversità diversa dai giovani a livello di taxa.
Per alfa-diversità si intende la diversità media di specie in un dato habitat, mentre la beta-diversità è la diversità di specie tra due habitat (rapporto tra le alfa-diversità).
Per taxa si intende un raggruppamento di organismi secondo una classificazione gerarchica.
- Akkermansia, Escherichia, Clostridium e alcune specie di Lactobacillus (L. paracasei, L. plantarum, L. salivarius) aumentano negli anziani mentre Faecalibacterium, Bacteroidaceae e Lachnospiraceae diminuiscono.
- Gli anziani hanno un microbiota meno attivo nel metabolismo dei carboidrati e sintesi degli aminoacidi, ma maggior potenziale di produttori di acidi grassi a catena corta (SCFAs) e sintesi di vitamine.
Wilmanski 2021:
Analisi del microbiota e correlazione con lo stato di salute di 9000 persone tra 18 e 101 anni.
Si è notato:
- Calo dei Bacteroidetes dalla mezza età, meno pronunciato nei soggetti meno sani.
- Microbiota diversificato e individuale: persone adulte/anziane sane hanno un microbiota specifico e divergente dagli altri, che sembra quasi una propria “firma”. Si tratta di un processo che inizierebbe verso i 40-50 anni e questo ci fa interrogare circa la possibilità di prevedere la longevità analizzando il microbiota.
- Presenza nel sangue di indolo (derivato dal triptofano) e di fenil-acetil-glutammina nei sani.
Cosa emerge alla luce di tutti questi studi che abbiamo appena visto?
Che uno stato di salute generale dell’organismo è correlato alla longevità.
E il benessere generale può essere aiutato da un microbiota in condizioni di equilibrio o comunque che si mantiene favorevole, pur mutando nel tempo.
È importante quindi prendersi cura della propria dieta, dello stile di vita, ma anche del microbiota.
Nei casi in cui un’integrazione risulti necessaria, però, non bastano dei normali “fermenti lattici” a ripristinare il normale equilibrio.
Per questo nasce MASUROTA®: frutto della ricerca Deltha Pharma, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Policlinico Agostino Gemelli di Roma, è un integratore alimentare a base di probiotici attentamente selezionati, potenziati dal prebiotico INULINA.
Disponibile in due formulazioni, entrambe ad alto dosaggio (25 miliardi di cellule vive e 50 miliardi di cellule vive), il MASUROTA® favorisce il corretto equilibrio della flora batterica intestinale e supporta il suo naturale ripristino in caso di squilibri e disbiosi.
La composizione relativa ai ceppi utilizzati è unica sul mercato e lo dimostra il brevetto attualmente depositato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Ref.
- Arumugam M et al. Enterotypes of the human gut microbiome. Nature 2011;473:174-80;
- Badal VD et al. The gut microbiome, aging and longevity: a systematic review. Nutrients 2020;12;3759;
- Biagi E et al. Trough ageing and beyond: gut microbiota and inflammatory status in seniors and centenarians. PLoS ONE 2010;5(5):e10667;
- Biagi E et al. Gut microbiota and extreme longevity. Curr Biol 2016;26:1480-85;
- Biagi E et al. The gut microbiota of centenarians: signatures of longevity in the gut microbiota profile. Mech Ageing Dev 2017;165(Pt B):180-184;
- Kim S and Jazwinski SM. The gut microbiota and healthy ageing. Gerontology 2018;64(6):513-20;
- Kong F et al. Identification of gut microbiome signatures associated with longevity provides a promising modulation target for healthy aging. Gut Microbes 2019;10(2):10-15;
- Kundu P et al. Neurogenesis and prolongevity signaling in young germ-free mice transplanted with the gut microbiota of old mice. Sci Transl Med 2019;11:eaau4760;
- Mangiola F et al. Gut mcrobiota and aging. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2018;22:7404-7413;
- Santoro A et al. Gut microbiota changes in the extreme decades of human life: a focus on centenarians. Ceel Mol Life Sci 2018;75:129-48;
- Wang n et al. Enriched taxa were found among the gut microbiota of centenarians in East China. PLOS ONE | https://doi.org/10.1371/journal.pone.0222763; 2019;
- Wilmanski T et al. Gut mircobiome patterns reflects healthy ageing and predicts survival in humans. Nat Metabolism 2021;3:274-86.